ANTICA CHIESA SANTA MARIA ELISABETTA

Le prime notizie sulla chiesa di Cavallino

Nel 1591 il vescovo di Torcello Antonio Grimani nel resoconto della visita pastorale scriveva che al Cavallino vi era una cappella «ben conservata» probabilmente localizzata non lontana dall’edificio oggi noto come antica chiesa di Santa Maria Elisabetta.

Nel 1698 il vescovo Marco Giustiniani visitò la chiesetta dedicata a S. Maria Elisabetta che era frequentata da un numero esiguo di abitanti.

Giovanni Matteo Alberti – un medico di origini tedesche ma abitante a Venezia, e dal 1686 proprietario dell’isola – scriveva nel 1696 al Vescovo di Torcello precisando che Cavallino era «un deserto infelice e per l’insalubrità dell’aria e per la sterilità del terreno paludoso e inutile». Ma sarà proprio l’Alberti a bonificare terreni, introdurre numerosi coloni e convincere il vescovo a istituire una parrocchia autonoma a cavallo tra Sei e Settecento.

La costruzione della chiesa e i successivi restauri

Per quasi tutto il corso del Settecento l’isola rimase nelle mani della famiglia Druyvesteyn, rappresentata a Venezia dal console d’Olanda Giacomo Fèitama. Il console trascorreva lunghi periodi a Cavallino e contribuì alla costruzione della nuova chiesa tra il 1744 e il 1751, mentre il campanile veniva terminato qualche anno dopo. [fig. 1]

Nel 1916 si intervenne sull’edificio addossando alla vecchia facciata una nuova con modanature neoclassiche in cemento. [fig. 2] Inoltre si ampliò il presbiterio verso oriente per ricavare uno spazio destinato al coro. Nel 1985-88 si ripristinò tuttavia l’involucro originario ricostruendo l’antica parete di fondo del presbiterio con addossato l’altar maggiore [fig. 3] nel corso di un completo restauro della chiesa. Fondamentale risultò il sostegno economico di Angelo Macola (1909-1995), uno dei grandi pionieri del turismo open air a Cavallino, ora tumulato ai piedi del presbiterio.

fig.1

Collezione privata Giuseppe Bozzato

fig. 2

fig. 3

Il campanile

Venne ricostruito dalle fondamenta nel 1906, ricollocandovi tre campane fuse nel 1890. La cella campanaria e la cuspide subirono un progressivo degrado fino al 1980, quando la cuspide fu demolita perché pericolante e nel 1986, al termine di un completo restauro del campanile, le campane suonarono dopo venticinque anni di silenzio.

Le opere d’arte

L’altare centrale è il più antico e probabilmente fu parzialmente recuperato da una chiesa di area torcellana demolita nelle prime tre decadi dell’Ottocento, periodo al quale appartengono anche gli altari laterali.

Sull’altare centrale si trova la pala  La visita di Maria a Elisabetta, [fig. 4]  tradizionalmente attribuito alla scuola di Sebastiano Ricci (1659-1734), anche se le figure della Vergine, di s. Elisabetta e degli angeli furono ridipinte a cavallo tra Sette e Ottocento. Secondo il censimento dei beni culturali della Chiesa Cattolica Italiana (https://beweb.chiesacattolica.it) il quadro è attribuito ad Antonio Balestra (1666-1740).

Sulla parete sinistra del presbiterio si trova la tela Regina pacis di Duilio Korompay (1876-1952) pervenuta in parrocchia nel 1921 [fig. 5].

Nella navata l’altare laterale destro è abbellito da Il sogno di Giuseppe (o Giuseppe e l’angelo) [fig. 6] assegnato dall’inizio del Novecento alla scuola di Pietro Vecchia (1603-78)  e tale confermato nel sopracitato censimento dei beni culturali (https://beweb.chiesacattolica.it).

Sulla parete sinistra della navata, nella nicchia dell’altare dedicato alla Beata Vergine del Rosario, è collocata una statua lignea di Maria di recente fattura.

L’organo è opera di Giacomo Bazzani, artigiano veneziano, compagno d’arte di Callido, Nachini e di De Lorenzo, artisti organari attivi a Venezia a fine Ottocento. Nel corso della Prima guerra mondiale è stato gravemente danneggiato e successivamente ripristinato. L’aspetto odierno è dovuto ad un ulteriore intervento di restauro del 1991.

fig. 4

fig. 5

fig. 6